lesbo
Come una donna cambio la mia vita
di TantraManMassaggio
27.05.2020 |
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"Il brav’uomo incarica il suo segretario d’assumermi come governante, sono messa in regola per i contributi e mi viene versato lo stipendio sindacale in banca,..."
Una mia splendida amica conosciuta su A69 mi chiede di scriverle un pezzo meraviglioso della sua vita.Dall’età di 6 fino ai 18 anni compiuti, mi hanno segregato in un collegio, dove sono stata tenuta nella più completa ignoranza sessuale. Ero tornata a casa ed avevo accompagnato alla stazione ferroviaria l’unico amico della mia breve infanzia, che stava partendo per il servizio militare di leva. In stazione il freddo era agghiacciante, il suo treno portava un ritardo abissale, perciò c’eravamo rifugiati nei vagoni di un convoglio fermo in attesa d’essere riallestito.
Aveva voluto riscaldarmi e c’era riuscito fino al punto d’incendiare i miei sensi, poi l’insopportabile dolore all’inguine, lui che ansima e mi succhia il collo, infine la sua fuga con la scusa che non poteva perdere il treno.
Imbevo il foulard di neve e mi tampono la fuoriuscita di sangue sperando in quel modo di lenire anche il tremendo bruciore; deambulo scarmigliata in mezzo alla gente che mi scansa con disprezzo, suono alla porta di casa, il segno del succhiotto è evidente come è palese che mi sto tamponando le conseguenze della deflorazione. L’uomo di mia madre la chiama, lei mi guarda inorridita e non fa un gesto mentre lui mi sbatte la porta in faccia.
Vago senza meta, adesso la neve la metto sulla fronte che arde, sento che sto per morire come un cane, nel vialetto ghiacciato d’una villa signorile, dove so che abita forse l’unica persona che mi ha voluto bene
Apro gli occhi adagiata in un soffice letto, Luciana, l’amica di collegio di tre anni più grande di me, m’accarezza con lo sguardo rassicurante; si china a baciarmi la fronte ed io le racconto la mia tragedia.
«Tu vivrai qui con me e mio marito, ho appena saputo d’essere incinta ed ho bisogno di una amica fidata come te.» Mi dice con affetto di sorella.
Poco tempo dopo scopriamo che sono incinta anch’io, tuttavia il mio maschietto preferisce non nascere e probabilmente ha fatto la scelta giusta. Quando viene al mondo Kathrine l’affidano alle mie cure; il marito di Luciana è un uomo d’affari giramondo e lei lo segue quasi ovunque. Il brav’uomo incarica il suo segretario d’assumermi come governante, sono messa in regola per i contributi e mi viene versato lo stipendio sindacale in banca, che per 18 anni mai toccherò.
Agli uomini non penso, non ho fantasie erotiche perché non conosco l’eros, però ogni tanto, tre quattro volte all’anno, forse con il mutare delle stagioni, avverto all’improvviso un gran calore che parte dalla mia vulva e s’irradia per tutto il corpo. in casa sanno che ho bisogno si qualche giorno per me, rimango quasi sempre chiusa in camera con le mani che si muovono freneticamente sul clitoride non vado neppure ad esplorare la caverna che quel bastardo mi ha aperto, mi limito a raccogliere i liquidi che colano ed a succhiarli voracemente.
Siamo pronti a trasferirsi per un mese nella casa di Stettino, i due coniugi faranno vita mondana, io accudirò Kathrine che amo come fosse figlia mia. Sono stata fortunata, non potevo pretendere una vita migliore. Suonano al cancello, vado ad aprire, la bella signora d’una cinquantina d’anni e che non faccia nulla per nasconderli si vede dai capelli corvini inframmezzati da una miriade di fili d’argento, si presenta come cognata dei miei datori di lavoro; deve restare una ventina di giorni in città ed ha pensato di farsi ospitare dal fratello di suo marito: costernazione generale però tolgo tutti dall’impasse, offrendomi di rimanere io.
Luciana mi dice:
«Cosa faremmo senza di te gioia mia, accudirò io stessa Kathrine e se sarà necessario usufruiremo dell’aiuto di qualche baby sitter.»
Tronco sul nascere le proteste della nuova ospite, prendo la sua valigia e l’accompagno nella camera degli ospiti. Quando mi accomiato mi guarda amorevolmente, mi fa una leggera carezza, dicendomi:
«Mi chiamo Delia, mi piacerebbe che ci dessimo ll tu. Ti chiami Rosa vero?» Annuisco.
Il mattino dopo mentre facciamo colazione mi dice:
«Senti un pochino se ti va il mio programma: io per pranzo rimango fuori, tu passi a prendermi alle diciassette quando termino il lavoro, mi fai visitare un po’ la città, rimani mia ospite per cena, intanto paga la ditta, e per la serata decideremo che fare.» Acconsento dio buon grado:
«Sarò un po’ imbranata, non è che faccio molta vita mondana…»
«Non preoccuparti, organizzerò tutto io.»
Delia mi fa scoprire il mondo dello shopping, nuovo per me che mi sono sempre vestita con gli abiti di Luciana, compra un completo intimo per lei, nero con una corta tunichetta bianca e trasparente e regala la stessa parure a me, però con i colori invertiti. Mi fa scoprire i pub, i ristoranti, il piano bar, mi porta in giro per la mia città facendo lei il cicerone ed io la turista. L’unica cosa che faccio per lei è preparare la colazione e lavarle e stirarle qualche capo intimo e alcune camicette. Ci divertiamo in questo modo per più di quindici giorni, poi all’improvviso la nota sensazione di calore alla vagina mi da il preavviso. Sono seduta sul bidè, in procinto di lavarmi, devo uscire per raggiungerla ma a questo punto temo di metterla a disagio, in questi periodi ho bisogno di stare sola per spegnere l’inferno che si scatena nella mia vulva. Mi passo un dito lungo il taglio, non mi sono sbagliata, lo ritiro lucido e bagnato, lo succhio mentre con l’altra mano mi faccio il primo ditalino d’una lunga serie. Non ho pensieri erotici, semplicemente sono i terminali nervosi del clitoride in prolungata astinenza che richiedono i loro sacrosanti diritti. Ansimo nell'approssimarsi del godimento che scombussola il mio corpo di vergine-deflorata. Sono sola nella villetta e posso urlare, mentre l’orgasmo mi scuote. Infine mi alzo con le gambe tremanti e vado ad avvisare Delia, che sono indisposta e non posso uscire. Finalmente mi ricovero nel letto ed inizio la sfilza interminabile dei ditalini… Suonano al cancello, finisco di masturbarmi mentre m’avvicino al video citofono. È Delia, le apro e lei mi dice sorridendo:
«Mi ha parlato Luciana delle tue indisposizioni… – poi aggiunge -… vorrei soffrirne io.»
Non credevo che Luciana avesse scoperto il mio segreto.
Sono un po’ scarmigliata allora Delia mi dice:
«Ci facciamo il bagno? Vuoi?» La seguo da automa.
Si spoglia con disinvoltura mentre guardo ammirata il suo corpo curato con i seni che si reggono da soli e il pube depilato che mi meraviglia, sembra quello di Kathrine. È lei che mi spoglia, le mie mammelle sono più pesanti delle sue, il peso le fa un po’ assottigliare all’attaccatura degli omeri, poi però s’appoggiano allo sterno ed i capezzoli svettano dritti, ora sembrano addirittura due filtri di sigarette; Delia li guarda e con un gesto istintivo si passa la lingua sulle labbra. Io gemo di voglia repressa.
Nella vasca siamo l’una di fronte all’altra con le gambe incastrate a forbice, le schiene appoggiate e gli avambracci sui bordi. Non ne posso più e lentamente faccio scivolare la mano verso il mio sesso, Delia mi precede, scivola in avanti e sento il suo piede a contatto col mio clitoride. Socchiudo gli occhi, lo sguardo delle sue iridi blu è ipnotizzante:
«Lasciati andare Rosa, so che ti piace, vedrai che saprò darti delle sensazioni uniche, meravigliose.» Il suo alluce comincia un movimento carezzevole sul mio bottoncino, io mi lascio scivolare verso il centro della vasca per aumentare il contatto. È la prima volta che il godimento non me lo procuro da sola e la sensazione del piacere è centuplicata, quando comincio ad ansare Delia intensifica il movimento sussurrandomi:
«Godi piccola, non avere timore, che sono qui per questo.» Ha la voce rassicurante da amica ed il mio orgasmo sgorga intenso intanto che il mio bacino sussulta spingendosi contro il suo arto che mi sta procurando un orgasmo d’una intensità mai sperimentata fino ad allora.
Aspetta che mi calmi, poi mi fa accomodare con la schiena contro il suo petto, ora sono i suoi capezzoli appuntiti che premono fra le mie scapole, la sua mano si porta fra le mie gambe, poi prende la mia e se la pone sulla vulva; non mi resta altro che fare a lei ciò che mi sono sempre fatta da sola. Il mio modo di sditalinare disordinato la manda su di giri e mi ordina con un tono gutturale:
«Baciami!» Non l’ho mai fatto però giro il capo e la sua bocca fagocita la mia, dentro la quale la sua lingua agisce impazzita perché Delia è in pieno orgasmo. Il suo polpastrello strofina il glande del mio clitoride ed io la imito, poi succede ciò che da sola non ho mai osato fare, due dita s’incastrano nella guaina della mia vulva e cominciano un forsennato andirivieni; mi tramuto in contorsionista e pure io riesco a penetrarla masturbandola contemporaneamente. Ci urliamo tutto il nostro irresistibile piacere nelle rispettive bocche; andiamo avanti così fino a che non siamo spossate, poi io piango chetamente mentre lei m’accarezza i capelli e mi bacia teneramente la nuca e le spalle.
Abbiamo ancora gli accappatoi addosso quando suonano al cancello, ha fatto tutto Delia e mi trovo in casa due camerieri del vicino ristorante, che mettono al centro d’un tappeto, la casa ne è piena, un basso tavolino, lo apparecchiano e su ognuno dei due piatti pongono una mezza aragosta, due coppe con un’insalata di code di gamberoni sgusciati, cosce di pollo arrosto con olive nere, creme-caramel e bottiglia di champagne nel secchiello. Mancia data da Delia che poi mi prende per mano, passiamo dalla mia camera poi andiamo nella sua ed entrambe indossiamo le parure comprate da lei. Attraverso la sua camiciola di velo bianco vedo il completino nero lo stesso contrasto che fa il mio bianco che s’intravede sotto la tunichetta nera. Poi mi porge da indossare delle calze autoreggenti bianche e lo stesso fa lei; mi vanno bene anche le sue scarpe con tacco di otto centimetri, ne indossa un paio pure lei, ci guardiamo nello specchio e notiamo che il tocco casual lo danno i nostri capelli umidi pettinati all’indietro che lasciano scoperto l’ovale dei visi, immodestamente belli e privi di trucco. Lasciamo le calzature a bordo del tappeto, ci sediamo l’una di fronte all'altra, alla turca, con le gambe incrociate; iniziamo a gustare il cibo accompagnandolo con lo champagne ed ogni volta che incrociamo lo sguardo, freniamo l’impulso di ricominciare a far sesso, tuttavia accostiamo le bocche e ci baciamo incuranti d’averle piene di cibo.
La bottiglia è vuota, tutto ciò che appartiene al ristorante è nel contenitore fuori dall’uscio, e noi due siamo nel salotto, sedute su un divanetto, con un panciuto bicchiere, a metà colmo di vero cognac, che sorseggiamo lentamente tenendoci allacciate alla vita e baciandoci di tanto in tanto. Poi Delia si alza va a caricare l’impianto stereo con alcuni L.P. che sceglie accuratamente, prende da una scatola un avana del cognato e l’accende con consumata perizia:
«Quando faccio la parte dell’uomo, mi piace curare i particolari mi dice.» Siamo brille al punto giusto, finiamo il distillato e lei spegne il sigaro, proprio mentre nel salone si diffondono le note d’una beguine, conosco quel disco dove sono incisi soltanto brani lenti.
Delia si alza, la imito, siamo una nelle braccia dell’altra e ci facciamo cullare dalle note accattivanti. Mi pone le mani sui fianchi ed io le intreccio le dita dietro la nuca. Ci sorreggiamo, io l’attiro verso di me e lei inizia ad alitarmi sul collo per esasperare il mio desiderio, poi mi ci passa sopra con la lingua che introduce infine nel mio orecchio. Delia sa come stimolare una donna:
«Fa tutto quello che faccio io mi dice.» E va liberare i miei seni, poi ci appoggia sopra le mani, fa alloggiare i capezzoli nell'incavo fra i pollici e gli indici e li strofina mentre le altre otto dita palpano l’elasticità delle mie tette, intanto che io da brava scolaretta copio i suoi stessi movimenti; le nostre bocche e i nostri inguini sono uniti e muoviamo impercettibilmente i piedi al suono d’uno slow.
Una sua mano si stacca e s’insinua oltre il bordo del mio slippino e m’accarezza il clitoride con il dorso della mano mentre con i polpastrelli della stessa si struscia il suo, io continuo a giocare con i suoi capezzoli, intanto so che poi toccherà a me. Sento le sue dita che stanno masturbando entrambe, la sua bocca sa di alcol e fumo e lei che mi dice bofonchiandoci dentro:
«Rosa, gioia mia, sto godendo come non mai.» Le rispondo:
«Anch’io, grazie amor mio.» Mi è venuto spontaneo usare quel termine; lei mi guarda ed ha gli occhi lucidi.
Seguendo la musica mi spinge verso la sua camera, mi fa sedere sulla sponda del letto, mi toglie la tunichetta, poi abbassandosi mi stringe i seni l’uno contro l’altro e mi succhia i capezzoli donandomi una sensazione struggente, mi sfila le calze e si mette i miei alluci in bocca, prima l’uno poi l’altro, passandomi poi la lingua nello spazio fra le altre dita, mi toglie infine le mutandine che hanno la parte a contatto con la vagina zuppa di umori che succhia lascivamente. Ora è inginocchiata sullo scendiletto, io capisco che sta per leccarmela e a quel pensiero la fica mi cola, sento un suo gemito poi con la lingua inizia a schiaffeggiarmi il clitoride ed io credo di morire da tanto l’orgasmo è intenso; allora la incito perché voglio godere fino alla soglia della demenza. Delia quasi di peso mi fa inginocchiare al centro del letto, si mette nell’identica posizione al mio fianco, parte dalla nuca e mi conta ad una ad una le nocche della schiena, intanto che le sue dita mi esplorano la guaina, due sono già entrate e quando la lingua arriva al mio culo sta spingendoci dentro anche la terza. Non capisco più nulla, desidero che me lo lecchi anche all’interno, allora appoggio la guancia al cuscino, porto le mani indietro e glielo spalanco e lei è lesta a spingermi dentro la punta della lingua. Ora è scatenata e vuole incastrarmi anche il quarto dito, lo voglio pure io e mi dimeno per agevolarla. La sua lingua irrigidita mi esplora lo sfintere, con la mano mi scopa ed io urlo, urlo, urlo nella sofficità del cuscino. Anche Delia non ne può più e con circospezione mi ribalta sulle schiena senza però togliermi le dita dalla vagina e finalmente mi da la sua vulva depilata da lappare, succhiare, divorare e lo faccio con ingordigia adoperando labbra e lingua e con un dito m’introduco nel suo buco del culo. Ci dimeniamo assatanate ed io ho l’impressione che una volta finito non avrò più una goccia di linfa vitale.
Giaciamo coricate di fianco, Delia ha succhiato due delle sue dita bagnate dei miei umori e le altre due le da leccare a me. Ci calmiamo un attimo ma non siamo sazie allora mi guida in un nuovo gioco erotico, mi fa coricare sopra di lei, si spalanca la fica con due dita, mi dice di fare altrettanto, le parti interne delle nostre vagine le più sensibili vengono a contatto, togliamo le dita e lei inizia a far strusciare i clitoridi l’una contro l’altro ed io adeguo al suo movimento il mio mentre sale io discendo e viceversa. Adesso le ho abbrancato le chiappe elastiche e la scopo forsennatamente intanto che lei introduce due dita nel mio culetto ancora vergine. Gli orgasmi si susseguono fino a sfinirci, poi giaciamo esauste e contente e lei mi dice:
«Fra poco è sabato e poi domenica; abbiamo due giorni tutti per noi…»
Forse non ho esaurito tutta la linfa, perché la mia fica ricomincia a colare, allora Delia va a leccarla e già che si è mossa mi mette la fica sulla bocca e fu uno dei 69 piu esaltantii della mia vita
SCRIVO RACCONTI EROTICI ANCHE PER CHI NON LO SA FARE
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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